L’art. 13, co. 1, lett. a), del D.Lgs. n. 147/2015 – con effetto a partire dal periodo d’imposta successivo a quello in corso al 7.10.2015, ovvero dall’1.1.2016 per i contribuenti aventi l’esercizio coincidente con l’anno solare – ha introdotto il co. 4-ter dell’art. 88 del D.P.R. n. 917/1986. La disposizione stabilisce, in primo luogo, che non si considerano sopravvenienze attive le riduzioni dei debiti dell’impresa – comprese quelle nei confronti nei soci – derivanti dall’esecuzione di un concordato fallimentare o preventivo liquidatorio, oppure di una procedura estera equivalente prevista in uno Stato o un territorio con il quale esiste un adeguato scambio di informazioni, o per effetto della partecipazione alle perdite a cura dell’associato in partecipazione. A questo proposito, si osservi che il previgente co. 4 dell’art. 88 del TUIR, applicabile sino al periodo d’imposta in corso al 7.10.2015, si riferiva, invece, indistintamente al concordato preventivo (e fallimentare): il proprio ambito di operatività ricomprendeva, pertanto, ogni tipologia di concordato preventivo, a prescindere dalla circostanza che fosse liquidatorio oppure di risanamento, ovvero in continuità aziendale. A partire dal 2016, la totale non imponibilità, senza limiti, delle sopravvenienze attive da riduzione dei debiti è, pertanto, circoscritta ai soli concordati preventivi di tipo realizzativo, e non anche a quelli di natura conservativa, che sono, invece, soggetti ai vincoli quantitativi previsti per gli accordi di ristrutturazione dei debiti, nonché per i piani attestati di risanamento pubblicati presso il registro delle imprese (art. 88, co. 4-ter, del TUIR).
È, invece, stabilita una rilevanza fiscale limitata, qualora le sopravvenienze attive emergano per effetto della riduzione di debiti operata in seguito a:
• concordato di risanamento;
• accordo di ristrutturazione dei debiti omologato ai sensi dell’art. 182-bis L. fall.;
• piano attestato di risanamento di cui all’art. 67, co. 3, lett. d), del R.D. n. 267/1942, pubblicato presso il registro delle imprese;
• procedure estere equivalenti a quelle indicate ai punti precedenti.
Al ricorrere di una di tali ipotesi, la riduzione dei debiti dell’impresa – compresi quelli nei confronti dei soci – non costituisce sopravvenienza attiva per la parte che eccede:
• le perdite, pregresse e di periodo, di cui all’art. 84 del TUIR, senza considerare il limite dell’80%. Pertanto, rispetto alla disciplina in vigore sino al periodo d’imposta in corso al 7.10.2015 (art. 88, co. 4, del D.P.R. n. 917/1986) è stata esclusivamente aggiunta la precisazione che non si deve tenere conto della soglia di utilizzabilità delle perdite – prodotte dal quarto periodo d’imposta dalla costituzione – prevista dall’art. 84, co. 1, del TUIR. Rilevano anche le perdite trasferite al consolidato fiscale nazionale di cui all’art. 117 del D.P.R. n. 917/1986, e non ancora utilizzate;
• gli interessi passivi ed oneri finanziari assimilati di cui all’art. 96, co. 4, del TUIR, ovvero indeducibili nel periodo d’imposta, in quanto eccedenti il 30% del Risultato operativo lordo della gestione caratteristica, e scomputabili negli esercizi successivi, in caso di capienza del 30% del Rol di competenza di tale periodo d’imposta.
Rispetto alla disciplina in vigore sino al periodo d’imposta in corso al 7.10.2015, il legislatore ha, di fatto, incrementato la quota imponibile delle sopravvenienze attive da riduzione dei debiti derivanti dall’accordo di ristrutturazione dei debiti omologato e dal piano attestato di risanamento pubblicato presso il registro delle imprese, per un importo pari agli interessi passivi ed oneri finanziari indeducibili, ma riportabili, di cui all’art. 96, co. 4, del TUIR.