In questo periodo il tema che suscita maggior interesse tra i professionisti e le imprese è senza dubbio l’opportunità fornita dalla legge di stabilità 2016 (legge n. 208/2015) di assegnazione agevolata dei beni (soprattutto immobili) ai soci con il pagamento di un’imposta sostitutiva ridotta (8% o 10,5% per le società di “comodo”) in capo alla società assegnante. Tuttavia, se sono chiare le regole per la determinazione dell’imposta sostitutiva dovuta dalla società, altrettanto non può dirsi per la tassazione in capo al socio assegnatario (normalmente persona fisica anche se non vi sono distinzioni in tal senso). Per la corretta determinazione del carico fiscale in capo al socio sono infatti diverse le variabili che il consulente deve tenere in considerazione, la prima delle quali riguarda la tipologia di riserve utilizzate a fronte dell’assegnazione del bene, che possono essere di tre tipi: di utili, in sospensione d’imposta e di capitale. Mentre le prime due sono rilevanti in capo al socio assegnatario (quali dividendi, sia pure al netto dell’importo su cui la società ha corrisposto l’imposta sostitutiva) in quanto riserve di utili (per quelle in sospensione la società deve corrispondere altresì l’imposta sostitutiva del 13%), le riserve di capitale assegnate hanno riflesso unicamente sul costo fiscale della partecipazione del socio (solamente in caso di cd. “sottozero” si determina un dividendo tassato). Tuttavia la scelta di utilizzare una tipologia di riserva piuttosto che l’altra (di utili o di capitale) non è “libera” in quanto si deve tener conto delle indicazioni fornite dagli OIC che contiene i differenti “gradi” di libertà delle riserve. In ogni caso, è da segnalare che il co. 118 della legge di stabilità disattiva la presunzione di distribuzione contenuta nell’art. 47, co. 1, secondo periodo, del TUIR, secondo cui a prescindere dalla delibera assembleare si considerano distribuite per prime le riserve diverse da quelle di capitale, con la conseguenza che si deve attingere prioritariamente dal “basket” delle riserve formatesi con utili fino a capienza delle stesse, e solo successivamente prelevare dalle riserve di capitale. Come detto, tale presunzione non opera nella fattispecie dell’assegnazione agevolata dei beni ai soci, con la conseguenza che dal punto di vista fiscale vi è libertà di attingere da un “basket” piuttosto che da un altro. Risulta poi del tutto evidente che se la società assegnante è una società di persone il pagamento dell’imposta sostitutiva in capo alla società esaurisce del tutto il carico fiscale dell’operazione in quanto le riserve presenti nel patrimonio netto (ad eccezione di eventuali riserve in sospensione d’imposta) sono già state tassate in capo ai soci per effetto della trasparenza fiscale. Risulta del tutto evidente come l’operazione di assegnazione agevolata di beni ai soci non sia sempre altrettanto agevolata per la fiscalità in capo al socio, e che la valutazione di quali riserve siano utilizzabili non è del tutto agevole. Una valida alternativa per ovviare a queste questioni potrebbe essere quella di procedere con la cessione agevolata del bene in capo al socio, poiché in tale ipotesi non si realizza alcun utilizzo del patrimonio netto della società trattandosi di una compravendita soggetta ad una tassazione agevolata in capo alla società. Già con queste poche righe risulta evidente che l’operazione in questione richiede un approccio professionale di un certo rilievo, e nei prossimi giorni torneremo su altri aspetti dell’operazione anche relativi alla fiscalità indiretta.