L’art. 13, co. 1, lett. a), del D.Lgs. n. 147/2015 ha modificato l’art. 88, co. 4, del D.P.R. 22.12.1986, n. 917, secondo cui – finora, e sino al periodo d’imposta in corso al 7.10.2015 (art. 13, co. 2, del D.Lgs. n. 147/2015) – non si considerano sopravvenienze attive le rinunce dei soci ai propri crediti (art. 88, co. 4, del TUIR). A partire dall’esercizio successivo, ovvero dal 1° gennaio 2016 per i contribuenti aventi il periodo d’imposta coincidente l’anno solare, il riferimento normativo è rappresentato dal nuovo co. 4-bis dell’art. 88 del D.P.R. n. 917/1986, in virtù del quale la rinuncia dei soci ai crediti si considera sopravvenienza attiva per la parte che eccede il relativo valore fiscale. In altri termini, nei limiti del valore fiscalmente riconosciuto del credito, il socio aumenta il costo della partecipazione – sono stati, infatti, modificati in tal senso anche gli artt. 94, co. 6, e 101, co. 7, del TUIR – e il soggetto partecipato rileva fiscalmente un apporto non tassabile: l’eccedenza, invece, rappresentata una sopravvenienza attiva imponibile per il debitore partecipato, indipendentemente dal relativo trattamento contabile, con la conseguenza che si può generare una fattispecie impositiva da gestire con una variazione in aumento in sede di dichiarazione dei redditi. A tale fine, il socio – mediante apposita dichiarazione sostitutiva di atto notorio – comunica alla partecipata questo valore: in mancanza, il valore fiscale del credito è assunto pari a zero, con l’effetto che l’intera rinuncia costituisce una sopravvenienza attiva imponibile.
Le medesime disposizioni si applicano nei casi di operazioni di conversione del credito in partecipazioni, a prescindere dalla modalità seguita per il loro compimento (sottoscrizione dell’aumento di capitale mediante compensazione oppure altre operazioni) e dal regime contabile adottato dai soggetti coinvolti: il valore fiscale delle azioni o quote viene assunto per un importo pari al valore fiscale del credito oggetto di conversione, al netto delle perdite su crediti eventualmente deducibili per il creditore a seguito della conversione stessa. La previsione normativa dell’incremento del costo della partecipazione del creditore, per un importo limitato al valore fiscale del credito, comporta che l’operazione di rinuncia o conversione per il creditore non genera il presupposto impositivo con riguardo alla differenza rispetto al valore nominale: le perdite eventualmente rilevate al momento della conversione che risulteranno deducibili per il creditore comporteranno, anch’esse, una sopravvenienza tassabile in capo al debitore.
Si segnala, tuttavia, che la rinuncia dei soci ai propri crediti nei confronti della partecipata è soggetta alla disciplina del co. 4-ter dell’art. 88 del TUIR – riguardante la determinazione della quota non imponibile della sopravvenienza attiva da riduzione dei debiti – e non a quella del suddetto co. 4-bis, qualora sia effettuata nell’ambito di una delle seguenti soluzioni della crisi d’impresa: concordato fallimentare, concordato preventivo liquidatorio, concordato di risanamento, accordo di ristrutturazione dei debiti omologato ai sensi dell’art. 182-bis del R.D. n. 267/1942 e piano attestato di risanamento di cui all’art. 67, co. 3, lett. d), L. fall., pubblicato presso il registro delle imprese.