Metodologie contabili di rivalutazione dei beni d’impresa

In presenza dei presupposti previsti dall’art. 1, co. 889-895, della Legge 28 dicembre 2015, n. 208, quali sono i criteri contabili ammessi per la rivalutazione dei beni d’impresa?

Risposta

La società può procedere alla rivalutazione di tutti i beni appartenenti alla medesima categoria omogenea, da effettuare nel bilancio dell’esercizio 2015, ovvero per quello successivo al periodo amministrativo in corso al 31 dicembre 2014, e il cui termine di approvazione scade successivamente al 1° gennaio 2016. L’iscrizione di tali maggiori valori, la cui contropartita contabile è rappresentata da una voce di patrimonio netto (“Riserva di rivalutazione ex Legge n. 208/2015”), deve essere annotata nella nota integrativa al bilancio dell’esercizio 2015 e nel relativo inventario, indicando il costo originario del bene rivalutato, nonché le precedenti rivalutazioni eventualmente eseguite in applicazione di disposizioni speciali. È, tuttavia, necessario rispettare il limite massimo della rivalutazione, costituito dal valore economico del bene, a norma dell’art. 11 della Legge 21 novembre 2000, n. 342, secondo cui i valori iscritti in bilancio a seguito della rivalutazione non devono, in alcun caso, superare i valori effettivamente attribuibili ai beni in virtù del loro “valore corrente” – identificato in forza delle quotazioni rilevate nei mercati regolamentati – o “valore interno”, in ragione della consistenza, capacità produttiva ed effettiva possibilità economica di utilizzazione del cespite nell’impresa. Gli amministratori e i sindaci, ove nominati, devono, pertanto, indicare – nelle rispettive relazioni al bilancio – i criteri utilizzati per rivalutare le varie categorie di beni, nonché attestare che il valore rivalutato iscritto nell’attivo patrimoniale non eccede quello effettivamente attribuibile ai beni.
Sotto il profilo meramente contabile, la rivalutazione dei beni d’impresa può essere eseguita secondo tre metodologie alternative, individuate dall’art. 5 del D.M. 13 aprile 2001, n. 162:
• la rivalutazione del solo costo storico, che richiede un’attenta analisi, in quanto – oltre a determinare, nell’ipotesi dell’invarianza dei coefficienti, un allungamento del processo di ammortamento, da gestire anche nella nota integrativa al bilancio – comporta alcuni rilevanti effetti tributari futuri, quali l’iscrizione a conto economico di maggiori quote di ammortamento dal 2016 e l’innalzamento, dal periodo d’imposta 2018, del livello minimo presuntivo dei ricavi e del reddito di cui all’art. 30 della Legge 23 dicembre 1994, n. 724. Il co. 2 di tale disposizione stabilisce, infatti, che – in sede di applicazione del test di operatività – i beni devono essere considerati sulla base del loro costo fiscale, determinato a norma dell’art. 110, co. 1, del Tuir, che, a partire dall’esercizio 2018, include anche la rivalutazione eseguita nel bilancio 2015;
• la riduzione del fondo di ammortamento, che consente di evitare le penalizzazioni tributarie prospettiche di cui al punto precedente, poiché il costo fiscale rimane invariato, pur essendosi incrementato il valore netto contabile del bene;
• la rivalutazione proporzionale del costo storico e del fondo di ammortamento, che consente di mantenere inalterati i coefficienti e la durata del processo di ammortamento. A questo proposito, si ricorda che il costo rivalutato del bene non può mai superare il valore di sostituzione dello stesso, intendendosi per tale il costo di acquisto di un bene nuovo della medesima tipologia, ovvero il valore attuale del cespite incrementato degli oneri di ripristino della propria originale funzionalità (C.M. 4 giugno 2014, n. 13/E, par. 3).
Alla luce di quanto riportato nella presente, rimaniamo a completa disposizione per gli ulteriori chiarimenti ed approfondimenti che dovessero necessitare.
Cordiali saluti.

Studio Cerato & Associati

Cassola, 8 aprile 2016

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