Ai fini dell’accesso all’assegnazione agevolata dei beni, la quota del socio beneficiario deve soddisfare specifiche condizioni temporali?
Risposta
L’art. 1, co. 115, della Legge n. 208/2015 stabilisce che le disposizioni agevolative in materia di assegnazione dei beni, contenute nei co. 115-120, sono applicabili a tutti i soci iscritti nel libro dei soci, ove prescritto, alla data del 30 settembre 2015, ovvero che siano stato iscritti entro il 31 gennaio 2016, in forza di un titolo di trasferimento avente data certa anteriore al 1° ottobre 2015. Qualora non sussista l’obbligo della tenuta del libro dei soci, come nel caso delle società di persone, è comunque necessario fare riferimento all’esistenza di un titolo di trasferimento avente data certa anteriore al 1° ottobre 2015 (C.M. n. 26/E/2016, Capitolo I, Parte I, par. 2). L’Agenzia delle Entrate ha confermato che la percentuale di partecipazione del socio, della quale si deve tenere conto ai fini dell’assegnazione, è quella esistente alla data dell’assegnazione stessa, e che non è necessario il requisito dell’ininterrotto possesso della partecipazione dal 30 settembre 2015 alla data dell’attribuzione al socio del bene agevolato (C.M. n. 26/E/2016, Capitolo I, Parte I, par. 2).
Considerato che questa normativa si riferisce genericamente ai “soci”, è possibile desumere che i soggetti assegnatari non debbano necessariamente essere persone fisiche, né che debbano risiedere nel territorio dello Stato: è, quindi, possibile applicare la disciplina agevolativa anche alle assegnazioni di beni agevolati a beneficio di soci persone giuridiche, oppure non residenti in Italia (C.M. n. 26/E/2016, Capitolo I, Parte I, par. 2). La specifica qualificazione di socio inciderà, invece, sul regime di tassazione dell’eventuale reddito dallo stesso conseguito per effetto dell’assegnazione: ad esempio, nel caso dell’annullamento di una riserva di utili di una società di capitali “non trasparente” per effetto dell’assegnazione di un bene ad un socio persona fisica, soggetto non imprenditore, possessore di una partecipazione non qualificata, l’assegnatario consegue un dividendo, che dovrà essere assoggettato dalla società di capitali a ritenuta a titolo d’imposta, nella misura del 26%. In questa ipotesi, tuttavia, atteso che l’assegnazione ha per oggetto un bene in natura, e non una somma di denaro, il socio riceve il dividendo lordo, e la relativa imposta è versata direttamente dalla società di capitali: quest’ultima matura, quindi, un corrispondente credito nei confronti del socio, che deve fare affluire nelle casse sociali l’importo riguardante la ritenuta versata, o da pagare, a cura della società.
Diversamente, se il socio è una società di capitali, non è prevista l’applicazione della ritenuta a titolo d’imposta, in quanto tale dividendo concorre alla formazione del proprio reddito d’impresa Ires nella misura del 5% (art. 89, co. 2, del D.P.R. n. 917/1986): analoghe considerazioni possono essere formulate con riguardo ai soci imprenditori Irpef, il cui dividendo concorre parzialmente alla formazione del proprio reddito, nella misura del 40% o del 49,72% a seconda che la riserva annullata riguardi utili conseguiti dalla società assegnante entro il 31 dicembre 2007 oppure successivamente (art. 47, co. 1, del Tuir, e art. 1, co. 1, del D.M. 2 aprile 2008).
Si ricorda, infine, che – secondo il passato orientamento dell’Amministrazione Finanziaria (C.M. n. 112/E/1999, Cap. I, Parte I, par. 3), espresso con riguardo alle precedenti discipline agevolative – l’assegnazione deve essere effettuata nel rispetto della c.d. par condicio tra i soci, attribuendo a ciascuno di essi beni per un valore proporzionale alle rispettive quote di partecipazione detenute, salvo deroga dei soci stessi, mediante apposita deliberazione assembleare, assunta all’unanimità (Comitato Triveneto dei Notai, Massima I.G. 24): la ratio di tale tesi trova fondamento nella considerazione che l’assegnazione, a differenza della cessione, rappresenta un fatto che trova la propria origine nei rapporti esistenti tra la società e i soci, che normalmente si perfeziona attraverso la distribuzione di utili o la restituzione di capitale o riserve di capitale, ovvero in sede di recesso o liquidazione. Ciò non significa, tuttavia, che qualsiasi bene debba essere attribuito in comproprietà ai soci, essendo, invece, possibile attribuire ad uno solo dei soci l’intera proprietà di un bene, e agli altri soci la proprietà di altri beni (agevolabili e non), in modo da rispettare il “peso” delle corrispondenti quote di partecipazione al capitale della società assegnante.
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