Quali cespiti possono essere attribuiti ai soci in base alla disciplina prevista dall’art. 1, co. 115-120, della Legge n. 208/2015? Vi rientrano anche i diritti reali su beni immobili e le quote di partecipazione iscritte nelle immobilizzazioni finanziarie? Qual è il momento rilevante ai fini della qualifica di “bene agevolabile”? È considerato elusivo il cambio di destinazione del bene per poter usufruire dell’agevolazione? Sono previsti criteri speciali per le società immobiliari di gestione?
Risposta
L’art. 1, co. 115, della Legge n. 208/2015 stabilisce che le disposizioni agevolative, contenute nei co. 115-120, sono applicabili all’assegnazione (o alla cessione) dei beni immobili diversi da quelli strumentali per destinazione, nonché ai beni mobili iscritti in pubblici registri – ad esempio, autoveicoli, aeromobili e navi – non utilizzati come strumentali all’attività propria dell’impresa. Sono, pertanto, agevolabili anche gli autoveicoli aziendali differenti da quelli utilizzati dalle imprese che effettuano attività di noleggio degli stessi: non sono agevolabili gli aeromobili da turismo e le imbarcazioni da diporto utilizzati, rispettivamente, dalle scuole di addestramento al volo e alla navigazione (C.M. n. 26/E/2016, Capitolo I, Parte I, par. 3.2).
Non rientrano, quindi, tra i beni agevolabili le quote di partecipazione in società – a differenza di quanto espressamente previsto dall’art. 29 della Legge n. 449/1997 (C.M. n. 26/E/2016, Premessa) – e neppure i singoli diritti, come quelli reali afferenti i cespiti assegnabili/cedibili (nuda proprietà, usufrutto, ecc.) o quelli edificatori. L’Agenzia delle Entrate ritiene, infatti, che la disciplina agevolativa sia applicabile esclusivamente nei confronti dei beni: non è, quindi, possibile beneficiarne qualora la società intenda assegnare non l’intera proprietà, ma un singolo diritto sul cespite (C.M. n. 26/E/2016, Capitolo I, Parte I, par. 3). In tale sede, è stato, tuttavia, precisato che – nel caso in cui la società risulti titolare di un diritto reale parziale sul bene, come, ad esempio, la nuda proprietà, avendo concesso in usufrutto o abitazione il bene al socio – è possibile beneficiare della disciplina agevolabile se la società si libera del proprio diritto reale parziale assegnando definitivamente il bene al socio: anche in questo caso, infatti, si realizza la fuoriuscita del cespite dal patrimonio della società in favore di quello del socio.
La società in liquidazione, considerato che non esercita un’attività d’impresa, ma è interessata da una mera fase di chiusura dei rapporti di credito/debito verso terzi, finalizzata alla cessazione dell’attività, può assegnare in modo agevolato gli immobili: l’Amministrazione Finanziaria ritiene, infatti, rispettata la finalità della disciplina in commento che intende favorire la fuoriuscita di quei beni che non sono direttamente utilizzati nell’espletamento di attività tipicamente imprenditoriali (C.M. n. 26/E/2016, Capitolo I, Parte I, par. 3).
Beni immobili agevolabili
Nel caso specifico dei beni immobili, la società di capitali, la s.n.c. e la s.a.s. può, pertanto, procedere all’assegnazione (o alla cessione) agevolata dei seguenti:
• immobili merce (indipendentemente dalla categoria catastale), alla cui produzione o al cui scambio è diretta l’attività d’impresa, ovvero che sono iscritti, nel bilancio d’esercizio, tra le rimanenze finali di magazzino;
• immobili patrimonio (ad esempio, i fabbricati civili di categoria catastale A concessi in locazione, ad eccezione degli A/10 qualificabili come strumentali per natura), disciplinati fiscalmente dall’art. 90 del D.P.R. n. 917/1986;
• immobili strumentali per natura, in base alla propria categoria catastale (A/10, B, C, D ed E), in quanto non suscettibili di un diverso utilizzo, se non attraverso radicali trasformazioni. Tuttavia, qualora questi ultimi siano utilizzati direttamente nell’esercizio dell’attività per l’impresa – senza risultare idonei a produrre un reddito autonomo rispetto a quello del complesso aziendale nel quale sono inseriti (C.M. n. 26/E/2016, Capitolo I, Parte I, par. 3.1) – sono altresì qualificabili come strumentali per destinazione: al ricorrere di tale ipotesi, si presume prevalente la strumentalità per destinazione, con relativa esclusione dalle disposizioni agevolative.
La qualificazione di bene agevolabile deve essere verificata al momento dell’assegnazione (o della cessione) – è, pertanto, irrilevante la data in cui il cespite era entrato a far parte del patrimonio della società assegnante (o cedente) – e non in quello precedente della delibera sociale di assegnazione: tale precisazione vale anche nelle ipotesi di beni (immobili oppure autovetture) concessi in uso ai dipendenti per esigenze di lavoro (C.M. n. 26/E/2016, Capitolo I, Parte I, par. 3). Conseguentemente, un bene ad oggi non agevolabile – come potrebbe essere un opificio industriale, accatastato come D/1 (strumentale per natura) e utilizzato direttamente nell’esercizio dell’impresa (strumentale anche per destinazione) – potrebbe diventare agevolabile in prossimità dell’assegnazione, in quanto concesso a terzi, in locazione o comodato, o comunque non utilizzato direttamente nell’esercizio dell’attività dell’impresa (C.M. n. 26/E/2016, Cap. I, Parte I, par. 3.1), poiché la stessa è stata cessata presso tale immobile, in quanto già svolta presso altre unità operative. A questo proposito, l’Agenzia delle Entrate ha chiarito che il cambiamento di destinazione d’uso, anche se effettuato in prossimità della data di assegnazione per attribuire al cespite lo status di bene agevolabile, rappresenta una scelta preordinata all’esercizio di una facoltà prevista dal legislatore, dalla quale origina un legittimo risparmio d’imposta, non sindacabile ai sensi dell’art. 10-bis della Legge n. 212/2000 (C.M. n. 26/E/2016, Capitolo I, Parte I, par. 3): non è, quindi, configurabile il c.d. abuso del diritto.
Società immobiliari di gestione
L’Agenzia delle Entrate ha altresì chiarito che sono, invece, agevolabili – in quanto si considerano “non strumentali per destinazione” – quegli immobili che, pur concorrendo alla determinazione del reddito d’impresa che la società consegue, si caratterizzano per il fatto di costituire beni oggetto dell’attività d’impresa e di essere suscettibili di produrre un loro autonomo reddito attratto al reddito d’impresa (quali, in generale, gli immobili locati a terzi): appartengono a tale categoria, gli immobili posseduti dalle società che hanno per oggetto la gestione di immobili, in quanto gli stessi sono idonei a produrre un autonomo reddito (quello che deriva dalla loro locazione) ancorché, per principio di attrazione, lo stesso concorra alla unitaria determinazione del reddito di impresa (C.M. n. 26/E/2016, Capitolo I, Parte I, par. 3.1).
In tale sede, l’Amministrazione Finanziaria ha anche affrontato il caso in cui – accanto ad un’attività di gestione passiva che si manifesta con la mera percezione di canoni di locazione/affitto relativi ad una pluralità di immobili (che consente l’assegnazione o la cessione agevolata) – si ponga in essere un’attività consistente nell’esecuzione di una serie di servizi complementari e funzionali alla utilizzazione unitaria del complesso immobiliare, con finalità diverse dal mero godimento dello stesso. Si tratta, ad esempio, degli immobili che fanno parte di complessi immobiliari aventi destinazione unitaria quali villaggi turistici, centri sportivi, gallerie commerciali. La prestazione di tali servizi può risultare essenziale e determinante (C.M. n. 7/E/2013, Capitolo 4), dal punto di vista qualitativo e quantitativo, al fine di reputare tali immobili come componente inscindibile di una gestione attiva del compendio immobiliare: al ricorrere di tale ipotesi, questi immobili devono essere considerati “beni utilizzati direttamente nell’esercizio dell’impresa” e, pertanto, esclusi dalla disciplina agevolativa.
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