Nell’ipotesi di assegnazione agevolata qual è la base imponibile Iva? E’ corretto applicare l’imposta sul valore netto contabile?
Risposta
Le disposizioni della legge di stabilità 2016 non contengono alcun regime agevolativo Iva per l’assegnazione e la cessione agevolata degli immobili, con la conseguenza che pare opportuno riepilogare le regole ordinarie previste nell’ambito del DPR 633/72. In particolare, è bene ricordare che in linea generale le cessioni e le assegnazioni di beni ai soci sono operazioni rilevanti ai fini Iva in quanto poste in essere da soggetti passivi ai fini di tale tributo. L’art. 2, co. 2, n. 6), del DPR 633/72, nell’individuare le cessioni di beni rilevanti ai fini Iva, assimila alle cessioni “le assegnazioni ai soci fatte a qualsiasi titolo da società ed enti di ogni tipo e oggetto nonché le assegnazioni e le analoghe operazioni fatte da altri enti privati o pubblici, compresi i consorzi e le associazioni o altre organizzazioni senza personalità giuridica”.
Tuttavia, l’assimilazione tra cessioni ed assegnazioni di beni trova una deroga allorchè l’assegnazione riguardi beni che sono pervenuti all’impresa senza il pagamento dell’Iva, in quanto acquistati presso soggetti privati, ovvero prima dell’introduzione dell’Iva (1.1.1973), ovvero ancora senza aver esercitato nemmeno in parte il diritto alla detrazione dell’imposta. In tali ipotesi, la C.M. n. 26/E ricorda che già con la precedente C.M. n. 40/E/2002 l’Agenzia, richiamando l’art. 16 della Direttiva 2006/112/CE e l’orientamento della Corte di Giustizia UE (cause C-322/99 e C-323/99), l’assegnazione di beni ai soci è assimilabile a tutti gli effetti all’autoconsumo (previsto nell’art. 2, co. 2, n. 5), del DPR 633/72) per il quale si prevede l’esclusione da Iva per “quei beni per i quali non è stata operata, all’atto dell’acquisto, la detrazione dell’imposta di cui all’articolo 19”.
In buona sostanza, per individuare il regime Iva applicabile alle assegnazioni agevolate è necessario distinguere in relazione alla provenienza del bene, ed in particolare:
– per gli acquisti di beni per i quali è stato esercitato il diritto alla detrazione dell’imposta, l’assegnazione è rilevante ai fini Iva (imponibile o esente);
– per gli acquisti “senza Iva” (da privato, prima dell’1.1.1973 o senza diritto alla detrazione dell’imposta, nemmeno parziale) l’assegnazione è esclusa (fuori campo) Iva.
Nelle ipotesi in cui l’operazione di assegnazione (lo stesso dicasi per la trasformazione in società semplice e per l’estromissione da parte dell’imprenditore individuale) sia soggetta ad Iva, le disposizioni della legge di stabilità 2016 non contengono alcuna agevolazione nemmeno per la determinazione della base imponibile. Si deve quindi fare riferimento all’art. 13, co. 2, lett. c), del DPR 633/72, secondo cui si deve aver riguardo al “prezzo di acquisto o, in mancanza, dal prezzo di costo dei beni o di beni simili, determinati nel momento in cui si effettuano tali operazioni”. Tale disposizione è frutto delle modifiche apportate con la Legge n. 88/2009 (legge Comunitaria 2008) volte ad allineare la disciplina nazionale con quella comunitaria, e dall’applicazione della stessa, come si legge nella C.M. n. 26/E, si determina che la base imponibile non deve tener conto del “ricarico” normalmente applicato in occasione della vendita del bene, bensì si deve aver riguardo al prezzo di acquisto del bene “attualizzato” al momento della cessione.
Tale impostazione è stata recepita anche dalla Corte di Giustizia Ue, ed in particolare dalla sentenza 17 maggio 2001 (cause riunite C-322/99 e C-323/99) secondo cui la base imponibile è pari al “valore residuo del bene al momento del prelievo”, per la cui determinazione occorre tener conto anche delle spese relative agli interventi consistenti in un incremento duraturo di valore del bene. In buona sostanza, precisa la C.M. n. 26/E, la base imponibile dell’assegnazione deve tener conto dei seguenti elementi:
– costo di acquisto (con Iva detratta);
– spese di riparazione e completamento del bene (diverse da quelle di manutenzione ordinaria) con Iva detratta;
– deprezzamento del bene.
In merito a tale ultima voce (che diminuisce la base imponibile) l’Agenzia delle Entrate non fornisce alcuna indicazione per quantificare il deprezzamento dovuto all’uso del bene, ragion per cui sarà necessario individuare un parametro di riferimento il più oggettivo possibile, quale può essere l’ammortamento eseguito sull’immobile. Così operando si individuerebbe la base imponibile Iva in misura pari al valore netto contabile del bene.
Secondo l’Agenzia delle Entrate il criterio delineato deve ritenersi applicabile anche per gli immobili oggetto di riscatto da leasing e successivamente assegnati ai soci, per i quali tuttavia oltre agli elementi già individuati (prezzo di riscatto più eventuali migliorie ed al netto dei deprezzamenti) si dovrà tener conto anche dei canoni di leasing pagati alla società prima del riscatto. Così operando si perviene di fatto al costo sostenuto dalla società di leasing per acquisire il bene concesso in locazione finanziaria, al quale si dovranno aggiungere le migliorie e dedurre il deprezzamento subito.
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