La riforma del diritto societario ha profondamente innovato i criteri di valutazione delle attività e passività in valuta, introducendo nell’art. 2426, il nuovo n. 8-bis), c.c., in cui si stabilisce il principio secondo cui tali attività e passività, diverse da quelle immobilizzate, debbano essere iscritte al tasso di cambio alla data di chiusura dell’esercizio; i relativi utili e perdite, scaturenti dalla differenza tra il cambio esistente alla data di effettuazione dell’operazione e quello alla chiusura dell’esercizio, devono essere imputati a Conto economico e l’eventuale utile netto deve essere accantonato in apposita riserva non distribuibile fino al realizzo. È bene evidenziare che tale criterio di valutazione riguarda solamente le attività, tra cui i crediti, e le passività, tra cui i debiti, in essere alla data di chiusura dell’esercizio, poiché negli altri casi l’utile o la perdita si considera realizzata, ossia definitiva.
Operativamente, è necessario procedere come segue:
– conversione di ciascun credito e debito esistente alla data di chiusura dell’esercizio al cambio a pronti a tale data;
– contabilizzazione dell’utile o della perdita su cambi, dato dalla differenza tra il cambio originario (data di effettuazione dell’operazione) e quello esistente alla data di chiusura dell’esercizio;
– il risultato netto, derivante dalla sommatoria delle singole conversioni, deve essere indicato nella nuova voce 17-bis) del Conto economico con segno positivo o negativo, a seconda che tale risultato netto abbia prodotto un utile ovvero una perdita.
Le conseguenze civilistiche derivanti dalla sommatoria delle singole conversioni delle poste in valuta sono differenti, a seconda del segno positivo o negativo che ne risulta. Infatti:
– risultato netto negativo: la perdita da valutazione deve essere imputata all’esercizio di competenza e, conseguentemente, vi è una corrispondente riduzione del risultato di esercizio disponibile per i soci;
– risultato netto positivo: appare evidente che si tratta di un utile fittizio, o meglio provvisorio, in quanto derivante da una mera valutazione di crediti, o debiti, il cui incasso, o pagamento, non è ancora avvenuto. Per tale motivo, l’art. 2426, n. 8-bis), prevede che l’utile debba essere accantonato in apposita riserva non distribuibile fino al momento in cui l’utile sarà effettivamente realizzato.
A tale proposito, i principi contabili ricordano che «tale riserva ha la funzione di non consentire la distribuzione ai soci (….) di un provento non ancora materialmente realizzato».
Stante il principio di prudenza nelle valutazioni, nonché il divieto di distribuire utili se non effettivamente realizzati, il Legislatore ha ritenuto necessario impedire la distribuibilità della parte di utile formato per effetto di valutazioni provvisorie di poste in valuta, fino al momento in cui dette valutazioni non si saranno tramutate in utili effettivamente realizzati. In presenza di un risultato netto positivo derivante dalla conversione delle poste in valuta è la costituzione di un’apposita riserva che garantisce il mantenimento di tale utile all’interno del patrimonio sociale.
In ciascun esercizio di riferimento possono verificarsi tre casi:
– il risultato dell’esercizio, di segno positivo, è superiore all’importo dell’utile su cambi;
– il risultato dell’esercizio, di segno positivo, è inferiore all’importo dell’utile su cambi;
– il risultato dell’esercizio è di segno negativo.
Orbene, mentre nel primo caso non si presentano particolari problemi, poiché l’Assemblea dei soci, dopo aver destinato, se dovuta, la quota di utile a riserva legale, provvede alla destinazione di quota parte del risultato, corrispondente all’utile su cambi, all’apposita riserva non disponibile, nel secondo caso, è necessario chiedersi come si debba operare nell’ipotesi in cui il risultato di esercizio non sia capiente per la «copertura» dell’utile su cambi che deve trovare destinazione nell’apposita riserva. In tale ultimo caso, l’intero utile di esercizio deve essere vincolato prioritariamente destinando l’eventuale quota prevista dall’art. 2430 c.c. a riserva, e destinando la restante parte, interamente ad apposita riserva per utili su cambi non distribuibile.
Infine, è appena il caso di osservare che nel terzo caso, è evidente che la presenza di un risultato negativo non determina alcun pericolo di distribuzione di utili provvisori, né tantomeno si richiede l’appostamento del vincolo su riserve esistenti in bilancio e formatesi in esercizi precedenti.
E’ necessario poi verificare quale debba essere il comportamento da tenersi negli esercizi successivi, dal momento che l’utile «provvisorio» (da valutazione) può tramutarsi in utile definitivo (realizzato) ovvero in una perdita. Seguendo le indicazioni fornite nei principi contabili, alla chiusura di ogni esercizio successivo è necessario procedere come segue:
– rideterminazione dell’utile o della perdita complessiva, ossia derivante dalla conversione dei singoli crediti in valuta esistenti alla data di chiusura dell’esercizio;
– integrazione della riserva esistente qualora emerga un utile netto complessivo su cambi superiore all’importo della riserva;
– riclassificazione della riserva esistente in una riserva liberamente distribuibile (per l’intero importo o parzialmente), qualora emerga rispettivamente una perdita complessiva su cambi ovvero un utile netto inferiore all’importo iscritto nella riserva.
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