L’art. 7-ter del DPR 633/72 contiene la regola generale di rilevanza territoriale, ai fini Iva, delle prestazioni di servizi “generiche”. Tuttavia, il successivo co. 2 di tale disposizione, al fine di applicare la predetta regola, dispone quando i soggetti (committenti delle prestazioni di servizi) si devono considerare “soggetti passivi” per le prestazioni ad essi rese. In particolare, il predetto co. 2 precisa che sono soggetti passivi:
• gli esercenti attività d’impresa, arti o professioni: tuttavia, le persone fisiche si considerano soggetti passivi limitatamente alle prestazioni di servizi ricevute nello svolgimento dell’attività d’impresa o di arte e professione;
• gli enti, le associazioni e le altre organizzazioni, di cui all’art. 4, co. 4, del DPR 633/72, anche quando agiscono al di fuori dell’attività commerciale o agricola;
• gli enti, le associazioni e le altre organizzazioni, non soggetti passivi, identificati ai fini Iva.
Come si desume dal contenuto del co. 2 dell’art. 7-ter, che si riferisce come precisato alla soggettività passiva per i servizi resi, è necessario evidenziare due aspetti:
• enti, associazioni ed altre organizzazioni: per tali soggetti, al fine di verificare lo status di soggetto passivo, è sufficiente il possesso della partita Iva, a differenza di quanto accadeva fino al 2009, in cui era necessario verificare l’effettivo utilizzo del servizio (se la prestazione era riferita alla sfera istituzionale, il committente si qualificava come privato, mentre se l’utilizzo del servizio era riferito alla sfera commerciale dell’ente, tale soggetto era considerato soggetto passivo);
• imprenditori individuali e professionisti: per tali soggetti, rimane il “dualismo” tra l’utilizzo nella sfera privata del servizio (nel qual caso il committente non riveste la qualifica di soggetto passivo), e l’utilizzo del servizio stesso nella sfera imprenditoriale/professionale (in tal caso, invece, il committente è soggetto passivo Iva).
Il regolamento Ue n. 282/2010 (d’ora in poi più brevemente “il regolamento”), modifica la direttiva 2006/112, soprattutto con riferimento ai criteri di individuazione dello status del destinatario della prestazione dei servizi. Infatti, l’individuazione del luogo di tassazione delle prestazioni di servizi “generiche”, di cui all’art. 7-ter del DPR 633/72, dipende dalla qualifica del committente della prestazione stessa. Su tale aspetto, nel corso del 2010 gli operatori economici hanno incontrato non poche difficoltà, ragion per cui l’art. 18 del regolamento contiene importanti indicazioni con riferimento alle modalità di identificazione del committente.
A tal fine, è opportuno distinguere le due seguenti ipotesi:
• committente comunitario;
• committente extracomunitario.
In presenza di un committente comunitario, l’art. 18 del regolamento stabilisce che lo stesso può considerarsi soggetto passivo Iva (con conseguente rilevanza territoriale del servizio nel suo Paese), se ha comunicato al prestatore il proprio numero di identificazione Iva (il quale dovrà tuttavia essere verificato ai sensi dell’art. 31 del regolamento Ue n. 904/10 del 7.10.2010).
Tale ultima disposizione dispone, infatti, che ciascun Stato membro deve provvedere affinchè un soggetto interessato ad effettuare operazioni intracomunitarie (di beni o di servizi) sia autorizzato ad ottenere conferma per via elettronica del numero di identificazione Iva di un dato soggetto, nonché del nome e dell’indirizzo corrispondenti.
Nell’ipotesi in cui il committente non abbia ancora ricevuto il numero di identificazione, ma ne abbia fatto richiesta, informandone il prestatore, quest’ultimo deve acquisire una prova alternativa, verificando l’esattezza delle informazioni fornite dal destinatario, applicando le ordinarie procedure di sicurezza commerciali (quali, ad esempio, quelle relative ai controlli di identità o di pagamento). In ogni caso, precisa l’art. 18, il prestatore deve eseguire una “verifica di ampiezza ragionevole dell’esattezza delle informazioni fornite dal destinatario”.
Nella seconda ipotesi, e quindi in presenza di un committente extraue, non essendo possibile una verifica della partita Iva, l’art. 18 del regolamento prevede due “opzioni” per la verifica dello status del committente. In particolare, è necessario distinguere le due seguenti fattispecie:
• il committente ha ottenuto un certificato da parte delle autorità fiscali del Paese: Il certificato deve attestare che il soggetto svolge un’attività economica che gli conferisce il diritto ad ottenere il rimborso dell’Iva, a norma della direttiva 85/560/CEE del 17.11.1986;
• il committente non ha ottenuto un certificato: Il committente può dimostrare il proprio status di soggetto Iva se dispone di un numero di partita Iva, o di un numero analogo, idoneo ad identificare le imprese nel Paese di stabilimento del destinatario. In ogni caso, è possibile comunque fornire qualsiasi altra prova idonea a verificare lo status di soggetto passivo del committente. In tale ipotesi, al pari di quanto visto per il committente comunitario, è necessario che sia svolta una “verifica di ampiezza ragionevole dell’esattezza delle informazioni fornite dal destinatario applicando le normali procedure di sicurezza commerciali, quali quelle relative ai controlli di identità o di pagamento”.
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