Il nuovo co. 9-bis1 dell’art. 6 del D.Lgs. n. 471/1997 disciplina l’ipotesi di irregolare assolvimento dell’imposta – punita con una sanzione in misura fissa (da Euro 250 ad Euro 10.000) – che ricorre quando l’imposta è stata applicata ordinariamente e versata dal cedente o prestatore in luogo del “reverse charge”. È il tipico caso, questo, in cui il cedente o prestatore, pur in presenza dei requisiti prescritti per l’applicazione dell’inversione contabile, ha erroneamente emesso fattura con IVA registrandola ai sensi dell’art. 23 del DPR n. 633/1972, con conseguente inclusione nella liquidazione di competenza. Al ricorrere di tale violazione, la sanzione fissa ivi prescritta compete al cessionario o al committente – in quanto debitore dell’imposta – con solidarietà del cedente o prestatore. Resta comunque inalterato, in capo a quest’ultimo, il diritto alla detrazione ed è evitato l’obbligo di regolarizzazione dell’operazione in capo al cessionario o committente.
Questa sanzione fissa – da un minimo di Euro 250 ad un massimo di Euro 10.000 – è dovuta in base a ciascuna liquidazione (mensile o trimestrale) e con riferimento ad ogni fornitore. Infatti, la C.M. n. 16/E/2017 ritiene che “la diversa interpretazione secondo cui tale sanzione si applica per ogni singola fattura ricevuta da parte di ciascun fornitore, sarebbe, infatti, in contrasto con la ratio delle disposizioni in commento, volte a punire con una sanzione di lieve entità, proporzionale alla gravità della condotta, le violazioni dell’inversione contabile”.
Nella particolare ipotesi in cui l’applicazione dell’IVA in modo ordinario anziché con l’inversione contabile è stata determinata da una finalità di evasione o frode di cui è provata la consapevolezza del cessionario o committente, è, invece, prevista l’applicazione della più gravosa sanzione proporzionale di cui all’art. 6, co. 1, del D.Lgs. n. 471/1997: al ricorrere di tale violazione, infatti, il cessionario o committente è punito con una sanzione proporzionale nella misura compresa dal 90% al 180% dell’imponibile non correttamente documentato o registrato nel corso dell’esercizio, con un minimo di Euro 500. Qualora la violazione non abbia inciso sulla corretta liquidazione del tributo, la sanzione è dovuta in misura fissa (da un minimo di Euro 250 ad un massimo di Euro 2.000), ai sensi dell’art. 6, co. 1, ultimo periodo, del D.Lgs. n. 471/1997.
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