Il comma 9-bis2 dell’art. 6 del D.Lgs n. 471/1997 prevede l’applicazione di una sanzione in misura fissa da Euro 250 ad Euro 10.000 – che grava in capo al cedente o prestatore, per le ipotesi in cui l’imposta è stata erroneamente assolta dal cessionario o committente con il meccanismo dell’inversione contabile, in luogo dell’assolvimento ordinario. In particolare, al ricorrere di tale fattispecie sanzionatoria:
• il cessionario o committente mantiene comunque il diritto alla detrazione dell’imposta assolta irregolarmente con l’inversione contabile;
• il cedente o prestatore, seppur debitore dell’imposta, non è obbligato all’assolvimento della stessa, ma è punito con la sanzione in misura fissa di cui al citato co. 9-bis2 dell’art. 6 del D.Lgs n. 471/1997.
Anche al ricorrere di tale fattispecie, è prevista la solidarietà del cessionario o committente con il cedente o il prestatore (vero debitore dell’imposta), e la sanzione irrogabile è dovuta in base a ciascuna liquidazione (mensile o trimestrale) e con riferimento ad ogni committente.
Tale principio non opera quando l’applicazione dell’imposta mediante l’inversione contabile anziché nel modo ordinario è stata determinata da intento di evasione o di frode del quale sia provato che il cedente o prestatore era consapevole: al ricorrere di tale ipotesi, il cedente o prestatore è punito con la sanzione più gravosa prescritta dall’art. 6, co. 1, del D.Lgs n. 471/1997 (dal 90% al 180 % dell’imponibile non correttamente documentato o registrato nel corso dell’esercizio, con un minimo di Euro 500). Anche per tale fattispecie, qualora la violazione non abbia inciso sulla corretta liquidazione del tributo, la sanzione è dovuta in misura fissa (da Euro 250 ad Euro 2.000), ai sensi dell’art. 6, co. 1, ultimo periodo, del D.Lgs. n. 471/1997.
Ambito applicativo della sanzione fissa
La C.M n. 16/E/2017 ha, inoltre, chiarito che la sanzione in misura fissa, da un minimo di Euro 250 ed Euro 10.000, è applicabile solo al caso di irregolare assolvimento dell’imposta relativa a cessioni di beni o a prestazioni di servizi di cui alle disposizioni menzionate nel primo periodo del co. 9-bis “in assenza dei requisiti prescritti per l’applicazione dell’inversione contabile”.
Secondo la Relazione di accompagnamento al D.Lgs. n. 158/2015, si tratta, in particolare, di tutte le ipotesi in cui l’imposta è stata erroneamente assolta dal cessionario o committente con il meccanismo dell’inversione contabile “per operazioni riconducibili alle ipotesi di reverse charge ma per le quali non ricorrevano tutte le condizioni per la sua applicazione“. Rientrano, quindi, nell’ipotesi contemplata dalla norma le seguenti fattispecie:
• la “stabile organizzazione occulta”, come nel caso del soggetto residente che ha assolto l’imposta con il sistema dell’inversione contabile – ai sensi dell’art. 17, co. 2, del DPR n. 633/1972 – relativamente a beni e servizi acquistati presso un soggetto dichiaratosi non residente e di cui, successivamente, sia accertata la stabile organizzazione in Italia;
• il prestatore che realizza in appalto un impianto idraulico in un giardino non di pertinenza di un edificio, e assolve l’IVA con il meccanismo dell’inversione contabile. Tale operazione, infatti, sarebbe, in astratto, riconducibile alle ipotesi di reverse charge contemplate dall’art. 17, co. 6, lett. a)-ter, del DPR n. 633/1972 (“prestazioni di servizi di pulizia, di demolizione, di installazione di impianti e di completamento relative ad edifici”), ma nel caso concreto manca l’ulteriore requisito oggettivo dell’installazione dell’impianto in un edificio (o in una sua pertinenza).
Diversamente, la sanzione in misura fissa non si applica nel caso di ricorso all’inversione contabile in ipotesi palesemente estranee a questo regime. In tale evenienza, è previsto l’assoggettamento alle sanzioni proporzionali, in capo al:
• cedente o prestatore, la sanzione di cui all’art. 6, co. 1, del D.Lgs n. 471/1997, prevista in caso di violazione degli obblighi di documentazione e registrazione di operazioni imponibili (dal 90% e al 180% dell’imponibile non correttamente documentato o registrato nel corso dell’esercizio, con un minimo di Euro 500);
• cessionario o committente, la sanzione di cui all’art. 6, co. 8, del D.Lgs n. 471/1997 stabilita per la mancata regolarizzazione dell’operazione (sanzione pari al 100% dell’imposta, con un minimo di Euro 250).
L’Agenzia delle Entrate ritiene, dunque, applicabile la sanzione fissa – compresa tra Euro 250 ed Euro 10.000 – prevista dall’art. 6, co. 9-bis.2, del D.Lgs. n. 471/1997 soltanto qualora sussista incertezza sul regime IVA applicabile: in mancanza di tali dubbi, sono applicabili le consuete sanzioni proporzionali stabilite dai co. 1 e 8 dell’art. 6 del D.Lgs. n. 471/1997.
La sanzione fissa richiede, inoltre, che l’imposta, ancorché irregolarmente, sia stata assolta. Pertanto, nella particolare ipotesi in cui il cedente o prestatore non emetta fattura o la emetta senza IVA, o il cessionario o committente non assolva irregolarmente l’imposta tramite l’inversione contabile, non trova applicazione la sanzione in misura fissa appena commentata (compresa tra Euro 250 ed Euro 10.000). In tal caso, infatti:
• il cedente o prestatore è punibile con la sanzione ordinaria, prevista dall’art. 6, co. 1, del D.Lgs n. 471/1997, per violazione degli obblighi di documentazione e registrazione di operazioni imponibili (sanzione compresa tra il 90% e il 180% dell’imposta relativa all’imponibile non correttamente documentato o registrato nel corso dell’esercizio, con un minimo di Euro 500);
• il cessionario o committente è punibile con la sanzione prevista dall’art. 6, co. 8 del D.Lgs n. 471/1997, per la mancata regolarizzazione dell’operazione (100% dell’imposta, con un minimo di Euro 250).
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