Forniamo di seguito un breve riepilogo sulle recenti modifiche normative ed interpretative riguardanti le abitazioni “di lusso” in merito alle agevolazioni applicabili sia in ambito di imposta di registro che nell’ambito della disciplina Iva.
Il nuovo disposto dell’art. 1 della Tariffa, Parte I, allegata al DPR 131/86 TUR – pur lasciando inalterata la nota II-bis all’art. 1 medesimo (che individua le condizioni per l’applicazione dell’agevolazione prima casa ai fini dell’imposta di registro) – ha modificato significativamente il campo di applicazione dell’agevolazione “prima casa” che a decorrere dal periodo d’imposta 2014 non è più limitata agli immobili “non di lusso” di cui al DM 02.08.69, ma viene applicata ad immobili abitativi rientranti in alcune specifiche categorie catastali. Più precisamente, la nuova formulazione dell’art. 1 della Tariffa, Parte I, allegata al DPR 131/86 dispone che, dall’1.01.2014, l’imposta di registro deve applicarsi con l’aliquota del 2% “se il trasferimento ha per oggetto case di abitazione, ad eccezione di quelle di categoria catastale A1, A8 e A9, ove ricorrano le condizioni di cui alla nota II-bis” (immobile ubicato nel territorio del comune in cui l’acquirente ha o stabilisca entro diciotto mesi dall’acquisto la propria residenza, dichiarazione dell’acquirente di non essere titolare esclusivo o in comunione con il coniuge dei diritti di proprietà, usufrutto, uso e abitazione di altra casa di abitazione nel territorio del comune in cui è situato l’immobile da acquistare, ecc.). Pertanto, rispetto alla disciplina dell’agevolazione “prima casa” applicabile fino al 31.12.2013, dall’1.1.2014 non è più necessario fare riferimento alla definizione di immobili “di lusso” di cui al DM 2.8.69, ma sono esclusi dal campo di applicazione dell’agevolazione soltanto gli immobili rientranti nelle categorie catastali A1 (abitazione di tipo signorile), A8 (abitazioni in ville) e A9 (castelli, palazzi di eminenti pregi artistici o storici).
Le novità sopra individuate, in relazione al campo di applicazione dell’agevolazione “prima casa”, non operavano, invece, con riferimento agli atti di trasferimento immobiliare soggetti ad IVA. In tal caso, infatti, la norma di riferimento risultava essere il n. 21 della Tabella A, Parte II, allegata al DPR 633/72 che non era stata modificata dal legislatore e che continuava a disporre che l’aliquota agevolata IVA del 4% trovasse applicazione in presenza di “case di abitazione non di lusso secondo i criteri di cui al decreto del Ministro dei lavori pubblici 2 agosto 1969, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 218 del 27 agosto 1969, ancorché non ultimate, purché permanga l’originaria destinazione, in presenza delle condizioni di cui alla nota II-bis) all’articolo 1 della tariffa, parte prima, allegata al testo unico delle disposizioni concernenti l’imposta di registro, approvato con decreto del Presidente della repubblica 26 aprile 1986, n. 131”. Tale orientamento è stato, peraltro, originariamente condiviso dalla medesima Agenzia delle Entrate (C.M. 21.2.2014 n. 2), la quale aveva sostenuto che “per i trasferimenti soggetti ad Imposta sul Valore Aggiunto, le previsioni agevolative “prima casa”, stabilite dal numero 21 della Tabella A, parte II, allegata al DPR n. 633 del 1972, prevedono che l’individuazione delle case di abitazione per le quali è possibile fruire delle agevolazioni sia invece ancorate ai criteri dettati dal citato DM 2 agosto 1969”. Pertanto, se, dal 01.01.2014, in relazione agli atti soggetti all’imposta di registro, non aveva alcuna rilevanza, ai fini dell’accesso all’agevolazione “prima casa”, la definizione dell’immobile come “di lusso” (così come recata dal DM 2.8.69) ai fini IVA, invece, tale definizione continuava a limitare l’accesso al regime agevolativo in argomento.
A sanare tale discrasia è intervenuto il D.lgs. 175/2014 di semplificazioni fiscali (in vigore dal 01.01.2014), il quale ha coordinato la riforma dell’imposta di registro con l’omologa e identica (nei presupposti) disciplina dell’agevolazione “prima casa” ai fini dell’IVA. Nello specifico, la disposizione contenuta nel predetto decreto semplificazioni fiscali ha rimesso a posto le cose, modificando il punto 21) della tabella A, parte II, allegata al DPR n. 633/72 in senso conforme all’imposta di registro, ristabilendo così l’uniformità dei presupposti dell’agevolazione tributaria nei due settori impositivi, assumendo, anche ai fini IVA, quali indicatori della categoria “di lusso” (preclusivi del beneficio fiscale) la classificazione catastale A1, A8 e A9 in luogo delle caratteristiche di cui al DM 02.08.69. Per effetto della disposizione, dunque:
– solo gli immobili accatastati nelle categorie catastali A2, A3, A4, A5, A6, A7, A11 anche ove sono qualificabili come “di lusso” ai sensi del DM 2.8.69, possono accedere al beneficio, sia per l’IVA che per il registro;
– gli immobili accatastati nelle categorie catastali A1, A8 e A9 non possono, in ogni caso, accedere al beneficio, né per l’IVA, né per il registro, anche ove fossero qualificabili come “non di lusso”, ai sensi del DM 2.8.69.
Sul punto, però, come fatto osservare dalla dottrina bisognava prestare attenzione al fatto che la definizione di immobile “non di lusso” prevista dal citato DM 02.08.69 pareva comunque non aver perso ogni rilevanza in ambito IVA, posto che nessuna modifica era stata prevista al n. 127-undecies della Tabella A, Parte Terza, allegata al DPR 633/72, a norma del quale si applica l’aliquota IVA del 10% alle “case di abitazione non di lusso secondo i criteri” dettati dal citato DM 02.08.69. Con l’effetto che, in assenza delle condizioni di “prima casa”, il discrimine tra l’applicazione dell’aliquota del 10% o del 22% sarebbe dovuto rimanere ancorato sulle caratteristiche “non di lusso” dell’immobile, a prescindere dalla categoria catastale del medesimo. In altri termini, è accaduto che, il decreto semplificazioni fiscali :
– ha modificato la definizione di abitazione “di lusso” soltanto nell’ambito del punto 21) della tabella A, parte II, allegata al DPR n. 633/72;
– ha lasciato immutata la definizione di abitazione “di lusso” recata nel contesto del punto 127-undecies) della tabella A, parte III.
Di conseguenza, dopo la modifica del punto 21) della tabella A, parte II, la normativa Iva sembrava giustamente contemplare due differenti criteri per definire l’abitazione “di lusso”:
– quello della categoria catastale, ai fini dell’applicazione dell’aliquota del 4% prevista per le cessioni (e costruzioni) di “prima casa”;
– quello dell’assenza delle caratteristiche del decreto del 1969 ai fini dell’applicazione dell’aliquota del 10% per le cessioni (e costruzioni) di abitazioni economiche non “prima casa”.
Pertanto, stante al combinato disposto delle predette disposizioni, alla cessione di un’abitazione avente le caratteristiche “di lusso” di cui al DM 02.08.69, ma classificata catastalmente in categoria A2, si sarebbe dovuta applicare l’aliquota del 4% in presenza dei requisiti “prima casa” e quella ordinaria del 22% in caso contrario. Ad uniformare le definizioni di prima casa all’interno della normativa IVA è intervenuta l’Agenzia delle Entrate (C.M. 31 del 30.12.2014) che, mediante l’utilizzo dell’interpretazione sistematica, ha armonizzato il disposto normativo anche del n. 127-undecies della Tabella A, parte III, allegata al DPR 633/72, colmando, così, le lacune lasciate dal legislatore. Secondo quanto chiarito dall’Amministrazione finanziaria, sebbene il legislatore non abbia coordinato il n. 21 della Parte II ed il n. 127-undecies della Parte III, il legame tra le due norme è tale da impedire, comunque, che esse possano applicare parametri diversi. Pertanto, sebbene il tenore letterale del n. 127-undecies faccia ancora riferimento al DM 02.08.69, si deve ritenere che i parametri definiti da tale decreto non debbano essere presi in considerazione per l’applicazione dell’aliquota del 10%. Infatti, precisa l’Agenzia delle Entrate, “l’espresso richiamo, contenuto nel n. 127-undecies, al n. 21, implica che l’aliquota del 10% si applichi ai trasferimenti di immobili con la stessa classificazione di quelli che potrebbero accedere al beneficio prima casa, ma non posseggano tutti i requisiti agevolativi di cui alla nota II-bis art. 1, parte prima della tariffa allegata al T.U”.
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