Dal 1° gennaio 2016 il legislatore ha modificato il regime sanzionatorio relativo alle operazioni soggette al regime di inversione contabile ai fini Iva, al fine di creare un sistema maggiormente conforme al principio di proporzionalità, teso a perseguire:
• in modo più grave le violazioni compiute con un intento di evasione o di frode, o che comportino l’occultamento dell’operazione o un debito d’imposta;
• in maniera più mite le fattispecie irregolari per le quali l’imposta risulta comunque assolta.
L’art. 6, co. 9-bis, del D.Lgs. n. 471/1997 contiene le disposizioni generali in cui trovano collocazione le fattispecie che non sono distintamente disciplinate dai nuovi co. 9-bis.1, 9- bis.2 e 9-bis.3. Si tratta, in particolare, delle ipotesi in cui il cedente o prestatore emetta correttamente fattura senza applicazione dell’imposta, ma il cessionario o committente, soggetto passivo d’imposta, non ponga in essere, totalmente o parzialmente, gli adempimenti connessi.
La sanzione è irrogabile al cessionario o committente che non integra la fattura emessa dal cedente o prestatore con le indicazioni dovute (aliquota ed imposta), oppure omette la doppia annotazione nei registri IVA.
In presenza di tale irregolarità, è prevista l’applicazione di una sanzione:
• in misura fissa, da un minimo di Euro 500 ed un massimo di Euro 20.000, qualora la fattura ricevuta non sia stata totalmente occultata, ovvero sia stata almeno annotata ai fini delle imposte dirette; Conseguentemente, la sanzione in misura fissa si applica a condizione che l’omissione degli adempimenti connessi all’inversione contabile “non “occulti” l’operazione, che deve risultare comunque dalla contabilità tenuta ai fini delle imposte sui redditi , ovvero dal libro giornale, oppure dal registro degli acquisti per coloro che tengono la contabilità semplificata” (C.M. n. 16/E/2017).
• proporzionale (più gravosa della precedente), compresa tra il 5% e il 10% dell’imponibile, con un minimo di Euro 1.000, se la fattura è stata occultata, ovvero non è stata annotata ad fini delle imposte dirette.
In ordine all’individuazione dell’imponibile cui commisurare la sanzione, l’Agenzia delle Entrate la (C.M. n. 16/E/2017) ha ribadito che anche la suddetta sanzione proporzionale deve essere commisurata all’importo complessivo dell’imponibile relativo alle operazioni soggette all’inversione contabile riconducibili a ciascuna liquidazione (mensile o trimestrale) e con riguardo ad ogni fornitore. Pertanto, secondo l’Amministrazione Finanziaria, “laddove l’irregolarità si realizzi in più liquidazioni, si configureranno tante violazioni autonome da sanzionare per quante sono le liquidazioni interessate”.
Così, ad esempio, se uno stesso fornitore ha emesso 30 fatture per errore con IVA nello stesso trimestre (se si tratta di contribuenti trimestrali), la violazione è unica, mentre se ha emesso 30 fatture con IVA in un trimestre e 10 con IVA in un altro trimestre, le violazioni da sanzionare sono 2 (una per trimestre).
La C.M. n. 16/E/2017 ha, inoltre, precisato che se l’omissione degli adempimenti connessi al reverse charge comporta anche un’infedele dichiarazione, oppure un’indebita detrazione IVA da parte del soggetto passivo d’imposta (ossia del cessionario o committente), si rendono applicabili, ai sensi del terzo periodo del co. 9-bis dell’art. 6 del D.Lgs. n. 471/1997:
• la sanzione prevista in caso di violazione del meccanismo di inversione contabile, meglio esaminata in precedenza;
• la sanzione per illegittima detrazione dell’IVA, di cui all’art. 6, co. 6, del D.Lgs. n. 471/1997, pari al 90% dell’ammontare della detrazione compiuta;
• la sanzione per dichiarazione infedele, di cui all’art. 5, co. 4, del D.Lgs. n. 471/1997.
La C.M. 16/E/2017 ha altresì chiarito che, anche in assenza di imposta dovuta, resta comunque applicabile la sanzione di cui all’art. 8, co. 1, del D.lgs. 471/1997, che punisce –in misura fissa, da un minimo di Euro 250 ad un massimo di Euro 2.000 – le ipotesi in cui nella dichiarazione annuale sono omessi o non sono indicati in maniera esatta o completa dati rilevanti per la determinazione del tributo, oppure non è indicato in maniera esatta e completa ogni altro elemento prescritto per il compimento dei controlli.
Adempimenti per la regolarizzazione della violazione
L’art. 6, co. 9-bis, quarto periodo, del D.Lgs. n. 471/1997 disciplina gli adempimenti che il cessionario o committente deve assolvere per evitare l’applicazione delle disposizioni sanzionatorie sopra richiamate, nella particolare ipotesi in cui il cedente o prestatore non abbia adempiuto agli obblighi di fatturazione di una operazione soggetta a reverse charge. In particolare, è espressamente stabilito che il cessionario o committente incorre nella violazione di omessa regolarizzazione di un’operazione soggetta ad inversione contabile, quando:
• il cedente o prestatore non abbia emesso (o comunque inviato al cessionario o committente) il documento fiscale entro quattro mesi dalla data di effettuazione dell’operazione oppure abbia inviato al cessionario una fattura irregolare;
• il cessionario o committente non abbia informato l’Ufficio competente entro il trentesimo giorno successivo provvedendo, entro lo stesso termine, all’emissione di fattura ai sensi dell’art. 21 del DPR n. 633/1972, o alla sua regolarizzazione, nonché all’assolvimento dell’imposta mediante inversione contabile.
Sul punto, la C.M. n. 16/E/2017 ha precisato che, nel caso in cui il cedente o prestatore non emetta la fattura entro quattro mesi dall’operazione e contestualmente il cessionario (o committente) non provveda a regolarizzare, entro trenta giorni, l’omessa fatturazione del cedente – mediante emissione dell’autofattura e assolvimento dell’imposta con il “reverse charge” – è soggetta alla sanzione proporzionale, nella misura compresa tra il 5% e il 10% dell’imponibile, con un minimo di Euro 1.000 (art. 6, co. 9-bis, del D.Lgs. n. 471/1997) e, laddove ricorrano le condizioni, potrà essere irrogata anche la sanzione per illegittima detrazione dell’IVA (art. 6, co. 6, del D.lgs. n. 471/1997) e quella per dichiarazione infedele (art. 5, co. 4, del D.lgs. n. 471/1997).
Non è, invece, applicabile la sanzione di cui all’art. 6, co. 8, del D.Lgs. n. 471/1997 (pari al 100% dell’imposta, con un minimo di Euro 250), irrogabile in caso di mancata regolarizzazione di operazioni imponibili, essendo, infatti, applicabile esclusivamente per le operazioni non soggette a reverse charge.
Regolarizzazione operazioni intracomunitarie
Le sanzioni previste dal co. 9-bis, terzo periodo, dell’art. 6 del D.Lgs. n. 471/1997, trovano applicazione anche nell’ipotesi di omessa regolarizzazione delle operazioni intracomunitarie, senza però potersi applicare la procedura di regolarizzazione sopra descritta: la regolarizzazione delle operazioni intracomunitarie deve avvenire, infatti, nel rispetto della specifica procedura disciplinata dall’art. 46, co. 5, del D.L. 331/1993, secondo cui, in caso di mancato ricevimento della fattura entro il secondo mese successivo a quello di effettuazione dell’operazione (consegna o spedizione dei beni), il cessionario nazionale deve emettere, entro il giorno 15 del terzo mese successivo a quello di effettuazione dell’operazione, la fattura in unico esemplare. Nell’ipotesi di ricevimento di una fattura con indicazione di un corrispettivo inferiore a quello reale, l’acquirente deve emettere fattura integrativa entro il giorno 15 del mese successivo a quello di registrazione della fattura originaria.
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